Debutta a Napoli, giovedì 2 marzo 2006 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 12), al Teatro Bracco di Napoli, Vietato ai migliori, uno spettacolo di Mario Brancaccio, per la produzione di Media Aetas Teatro. Ne saranno interpreti, in scena, Mario Brancaccio, Patrizia Spinosi, Leonfranco Porciani, Gianluca Pezzino, Francesco D'Amato, Titta Troise, con la partecipazione di Sergio Solli. Le scene sono a cura di Daniela Cammarota, i costumi di Francesca R. Scudiero, le elaborazioni musicali di Gianluca Pezzino e Michele Bonè.
Nel sottopalco di un teatro, vive un gruppo di attori di varietà, costretti ad una sorta di "soggiorno obbligato". Non gli è più concesso di agire al piano superiore (il palco), in quanto è, ormai, occupato costantemente da drammi e commedie dei grandi autori del tempo: D'Annunzio e Pirandello. Agli artisti non rimane che aspettare, lamentarsi e 'digiunare', provando uno spettacolo che non si sa quando andrà in scena.
Vietato ai migliori si basa su materiali vari: prose, canzoni, versi, articoli e numeri di varietà, che spaziano dal primo Novecento agli anni '50.
Personaggi del varieté sono quegli artisti (famosi al pubblico e non), apparentemente distanti geograficamente, ma uniti dal comune desiderio di mettere in scena il mondo dei "surclassati". L'omogeneità culturale che li accomuna si esplicita col linguaggio dei personaggi che essi rappresentano.
"Lo spettacolo - spiega Brancaccio in una nota - rappresenta un mondo nel quale l'uomo, perdendo ogni potere su se stesso e sulle cose, non è più padrone del suo tempo, e i temi affrontati dagli artisti, in realtà, non sostenuti da nessuno, non portano ad alcuna conclusione. Il tema proposto è completamente abbandonato, sviato, schernito dai discorsi vicini, tagliato fuori e trascinato nella deriva dell'inattuale. In questo modo, espulso da ogni possibilità di diventare contenuto, non gli resta altro che essere luogo di una rappresentazione".
Si tratta di una 'umanità' non ufficiale, non quella che detta le regole, ma quella che s'ingegna a mantenersi in disparte dal mondo, e si sottrae con sotterfugi infantili e stratagemmi balordi a ogni regola ed imposizione. Quel mondo multiforme che (come gran parte degli artisti), fuori della Storia, è invasato da un'irrefrenabile demenza comica, in una logica esattamente diagonale, sempre sfasata, inutile, assurda. In questo delirio, dimentichi del proprio "paesaggio", spogliati di ogni realismo e di ogni connotazione sociologica, reagiscono alla schiavitù e alla morte con l'allegria dei disperati, con l'impudenza amara del povero diavolo, che sa di poter essere sfacciato e libero solo nel pensare con la logica rovesciata del clown.
Nel sottopalco di un teatro, vive un gruppo di attori di varietà, costretti ad una sorta di "soggiorno obbligato". Non gli è più concesso di agire al piano superiore (il palco), in quanto è, ormai, occupato costantemente da drammi e commedie dei grandi autori del tempo: D'Annunzio e Pirandello. Agli artisti non rimane che aspettare, lamentarsi e 'digiunare', provando uno spettacolo che non si sa quando andrà in scena.
Vietato ai migliori si basa su materiali vari: prose, canzoni, versi, articoli e numeri di varietà, che spaziano dal primo Novecento agli anni '50.
Personaggi del varieté sono quegli artisti (famosi al pubblico e non), apparentemente distanti geograficamente, ma uniti dal comune desiderio di mettere in scena il mondo dei "surclassati". L'omogeneità culturale che li accomuna si esplicita col linguaggio dei personaggi che essi rappresentano.
"Lo spettacolo - spiega Brancaccio in una nota - rappresenta un mondo nel quale l'uomo, perdendo ogni potere su se stesso e sulle cose, non è più padrone del suo tempo, e i temi affrontati dagli artisti, in realtà, non sostenuti da nessuno, non portano ad alcuna conclusione. Il tema proposto è completamente abbandonato, sviato, schernito dai discorsi vicini, tagliato fuori e trascinato nella deriva dell'inattuale. In questo modo, espulso da ogni possibilità di diventare contenuto, non gli resta altro che essere luogo di una rappresentazione".
Si tratta di una 'umanità' non ufficiale, non quella che detta le regole, ma quella che s'ingegna a mantenersi in disparte dal mondo, e si sottrae con sotterfugi infantili e stratagemmi balordi a ogni regola ed imposizione. Quel mondo multiforme che (come gran parte degli artisti), fuori della Storia, è invasato da un'irrefrenabile demenza comica, in una logica esattamente diagonale, sempre sfasata, inutile, assurda. In questo delirio, dimentichi del proprio "paesaggio", spogliati di ogni realismo e di ogni connotazione sociologica, reagiscono alla schiavitù e alla morte con l'allegria dei disperati, con l'impudenza amara del povero diavolo, che sa di poter essere sfacciato e libero solo nel pensare con la logica rovesciata del clown.